Prima i 22 morti a Kumanovo, poi le proteste contro
il governo: sale la tensione in Macedonia con la questione energetica sullo
sfondo. È l'altra Ucraina. Per tanti motivi fa meno notizia,
tra cui il fatto che conta soli due milioni di abitanti. Ma in Macedonia in questi giorni stanno avvenendo rivolte che
ricordano molto quelle di piazza Maidan a Kiev, anche se i protagonisti
sembrano essere invertiti.
Al governo, infatti, c'è un esecutivo
nazionalista, che negli ultimi tempi secondo gli analisti avrebbe virato le sue
politiche sempre più a destra. All'opposizione le sinistre varie e,
soprattutto, le minoranze albanesi.
I fatti delle ultime settimane sono
allarmanti: al leader del partito socialdemocratico di opposizione, Zoran
Zaev, è stato ritirato qualche mese fa il passaporto perché è
sotto inchiesta; solo pochi giorni fa 22 persone sono morte in uno scontro a
fuoco con le forze antiterrorismo.
A Kumanovo,
nella zona a maggioranza musulmana, i gruppi armati di
origine albanese hanno tentato un colpo di stato. La "Repubblica di Iliria"
doveva sorgere proprio in quei territori dove vive gran parte del 25% di
minoranza etnica albanese, ma il golpe è stato sventato dalle autorità
macedoni. Tra i terroristi, i gruppi indipendentisti albanesi e l'Uck,
l'esercito di liberazione del Kosovo che per anni ha combattuto contro le forze
serbe.
Ieri, invece, c'è stata una
manifestazione nella capitale Skopje cui hanno partecipato circa 20.000
persone e che chiedeva le dimissioni del premier Nikola
Gruevski. Il
capo dell'esecutivo macedone è accusato di corruzione ed è considerato il
responsabile di uno scandalo intercettazioni a carico di 20.000 persone,
ascoltate illegalmente dai servizi segreti locali.
Anche qui però, come in Ucraina, le
motivazioni delle proteste e le diverse rivendicazioni si mescolano, creando un
mix esplosivo che deve essere osservato fino in fondo.
Il tema caldo da considerare sullo
sfondo è la questione energetica.
Inutile negare che la partita giocata in Ucraina aveva alle spalle il gravoso
problema del gas che dalla Russia ogni giorno arriva in Europa. Ebbene, solo
qualche mese fa Putin ha dovuto rinunciare alSouth Stream, un gasdotto
che doveva attraversare il Mar Nero, la Bulgaria, altri paesi balcanici per
arrivare fino all'Ue. Dopo lo stop alla pipeline da parte della Bulgaria,
il presidente russo ha cambiato strategia, stringendo un accordo con la Turkia
per un gasdotto che attraversi i territori di Ankara. Il progetto del Balkan
Stream (Turkish
Stream) prevede che il gas dopo aver lasciato la Turchia passi per la Grecia,
la Macedonia e arrivi infine in Austria. Aggirando
così la Bulgaria.
I ripetuti contatti tra Putin e Tsipras
hanno aperto le porte di Atene al Balkan Stream, spaventando l'Europa e,
soprattutto, gli Stati Uniti. Anche la Macedonia ha detto sì al progetto, e già
la società russa "Stroytransgaz" sta costruendo un gasdotto in territorio
macedone che potrebbe esser poi collegato al Turkish Stream.
Tutti i ministri e capi di Stato dei
paesi balcani sono preoccupati della crisi macedone. "Per la prima volta sono un pò
preoccupato", ha detto il ministro degli Esteri serbo,Aleksandar Vucic. I timori sono giustificati, viste le
recenti guerre combattue in quei territori, insanguinate da rivalità etniche e
religiose.
Eppure, dietro la rivolta di Skopje, non
è possibile escludere che ci sia anche una partita più grande. Che lega con i
tubi del gas la Russia, l'Europa e gli Stati Uniti.
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